MINSKY ALLA'RAI

QUEL PROVETTO DIRETTORE, NIPOTE D'ARTE (PAESE SERA)

SCHOENBERG: "Verklarte Nacht"
SCHOENBERG: "Kammersymphonie" op. 9

SCHUBERT: Sinfonia no. 5


Da parte di madre é nipote di Schoenberg. Meir Minsky sul podio dell'Auditorium della Rai, venerdì pomeriggio, ha dimostrato che buon sangue non mente. Infatti le due opere del suo illustre zio, capisaldi della letteratura musicale del '900 danno del filo da torcere anche ad un provetto direttore. "Verklarte Nacht" e "Kammersymphonie op. 9" appartengono ormai alla tradizione delle avanguardie e, oggi ascoltando le sonorità, pur diversissime dell'una e dell'altra, si percepisce la portata di una dimensione storica, nuova, dopo la quale ogni tentativo di ripristinare un passato, glorioso e abbastanza recente, è stato vano, apparendo solo un'operazione nostalgica.

L'organico ridotto (15 strumenti) della Kammersymphonie op. 9 offre ai fiati azione preponderante, quasi a irrigidire nei riflessi più acidi, il timbro degli archi, presenti essenzialmente a questo scopo. Stabilire gli adeguati contrasti in una scansione ritenuta, già dal primo apparire dell'opera, "accelerata" comporta difficoltà problematiche. Minsky, con la sicurezza di chi è pienamente consapevole della scrittura affidatagli, ha condotto ad ottimi risultati gli strumentisti della "Scarlatti". Questi, in formazione più ampia, nella Sinfonia di Schubert, n° 5 in si bemolle, eseguita dopo, hanno continuato a suonare bene, finalmente, dopo le prove insufficienti delle settimane scorse. Anche per la Sinfonia di Schubert si richiede un impegno notevole così come per chi ne cura la concertazione e il fraseggio possono sorgere spesso equivoci per via dei ripetuti rimandi ora a Mozart, ora ad Haydn che qua e là ricorrono.

Ma la mano di Schubert si avverte con chiarezza nelle connessioni tra le varie sezioni e Minsky l'ha messa in risalto in modo opportuno. Lo sentiremo dirigere ancora la prossima settimana, essendo ammalato Melles, di turno in cartellone.

MARINA MAYRHOFER


MINSKY IN CONCERTO :

ALL'AUDITORIUM DALLA TRAGICA AL DIVERTIMENTO (PAESE SERA)

HAYDN: Sinfonia no. 6, (Le Matin)

SCHUBERT: Sinfonia no. 4, (Tragica)

BARTOK: Divertimento per archi

Ancora Minsky sul podio dell'Auditorium "D. Scarlatti" per questo concerto dell'orchestra della RAI. La defezione di Melles, ammalatosi all'ultimo momento, ha posto la settimana scorsa, la necessità di trovare un sostituto e il direttore di Lodz ha risolto ogni problema, accettando di eseguire lui il programma con qualche piccola variazione. Haydn (Sinfonia n° 6, Le Matin), Schubert (Sinfonia n° 4, Tragica), Bartok (Divertimento per archi) hanno impegnato l'organico della RAI in una prova, tutto sommato, risoltasi bene. Fin dall'inizio con la Sinfonia di Haydn (uno Haydn ancor giovane, ma già espertissimo nella strumentazione) le parti strumentali avevano compiti ben precisi in una concertazione che ne combina i timbri con grande efficacia. Si pensi, ad esempio, alle voci intrecciate del cello e del fagotto, nell'Andante, ove i rapporti sonori, dosati alla perfezione, producono un effetto particolarissimo : due colori contrastanti che si completano a vicenda. Anche nella Tragica di Schubert, Minsky ha mostrato di possedere grande musicalità, concedendo ampio respiro al lirismo delle frasi, intensificandone l'emotività negli accenti posti con decisione sulle armonie portanti. Il Divertimento per archi di Bartok, ultimato nel 1939, è opera che lascia sempre forte impressione all'ascolto : lo sperimentalismo si esercita spesso su melodie popolari, intromesse in una struttura ritmica asimmetrica, secondo tracciati più lineari, spesso interrotti da segmenti spezzati nella tela sonora che lo sorregge. Il divertimento, come formula, esclude risvolti tragici. Ma i procedimenti di Bartok implicano spesso il dramma. Così si perviene a conseguenze che provocano non poche angosce e i messaggi esistenziali, pur contenuti in un genere d'occasione, approdano inevitabilmente alla dissociazione.

MARINA MAYRHOFER


MEIR MINSKY E CLAUDIO DESDERI IERI AL GOLDEN PER L'EAOSS

CANTI E SALMI CON TANTA LODE (L'ORA)

STRAVINSKY: La Suite no. 1

MILHAUD: "i Canti Popolari Ebraici"

BLOCH: "Salmo" no. 22

CIAIKOVSKY: Sinfonia no. 5

Un concerto tra i migliori della stagione dell'Eaoss, ieri sera al Golden; il merito va equamente ripartito fra Meir Minsky, un direttore sconosciuto ancora a Palermo ma dotato di notevolissime qualità musicali, intellettuali e interpretative. Claudio Desderi che è un cantante di rara intelligenza e di duttile vocalità e la Sinfonica Siciliana, apparsa in forma smagliante, soprattutto nel settore dei fiati. In apertura, la Suite n° 1 per piccola orchestra di Strawinski. Dalla lettura di Minsky i quattro brevi bozzetti ricevevano una gustosa delineazione ironica senza sbavature e forzature caricaturali. Poi Desderi, sempre ben assecondato dall'orchestra, cantava i Canti popolari ebraici di Milhaud e il Salmo n° 22 di Bloch. Perfettamente delineato il diverso carattere delle due composizioni che, se trovano una matrice comune nella musica ebraica, si differenziano per le diverse angolazioni stilistiche dei compositori : novecentesco e incisivo Milhaud, più turgido e sacrale Bloch. Dei sei brani di Milhaud, Desderi dava un'interpretazione di volta in volta malinconica, grottesca, intimistica, carica di fierezza, tragicamente disperata, mentre nel salmo di Bloch, l'artista scolpiva efficacemente le scabre invocazioni che sfociano nell'entusiasmo luminoso del canto di lode.

Infine la Quinta di Ciaikovsky, condotta da Minsky con struggente tensione, tanto nelle delicate illusioni del sogno, quanto nel pessimismo fatalistico di un'esistenza segnata dall'angoscia. Sempre chiara e netta la dimensione espressiva, immune dall'enfasi ma vibrante di genuino sentimento. Successo vivissimo e prolungati applausi al direttore, al cantante e all'orchestra.

FABRIZIO CARLI


MEIR MINSKY - IL CONCERTO EAOSS AL GOLDEN

SOLENNEMENTE, ANTON BRUCKNER

(L'ORA)

SCHUMANN: Piano Concerto

BRUCKNER: Sinfonia no. 9

L'ultima composizione di Anton Bruckner, l'incompiuta Nona Sinfonia, è senz'altro il testamento musicale e spirituale del musicista austriaco. Pagina che riassume tutto il percorso artistico di Bruckner, costituendone una delle espressioni più intime e sofferte. Travaglio dell'uomo che, alla fine della propria esistenza terrena, cerca ansiosamente di guardare oltre la morte. Travaglio che Beethoven nella sua Nona - amatissima da Bruckner al punto da omettere per rispetto, il numero nove dalla catalogazione delle sue sinfonie - aveva risolto positivamente con la sua tenace e consapevole fede nella ragione e nell'uomo e che Bruckner supera con la sua profonda fede religiosa. Solennità, devozione, mistica e sofferta religiosità, dunque, le componenti fondamentali di questa sinfonia bruckneriana, emerse nell'ottima esecuzione che Meir Mensky e l'Orchestra Sinfonica Siciliana hanno dato durante l'ultimo fine settimana al Golden. Un'interpretazione intensa, dove il complesso discorso musicale è stato sviluppato con profondità e chiarezza. Merito del direttore, ma anche della Sinfonica, ottima nel primo movimento. Di rilievo la prova dei fiati qui impegnati a pieno organico (vi sono quattro Wagner-tube) e a tutto tempo.(...)

Sono state servite di meritato successo per Minsky, l'orchestra ed anche per Sermat che ha eseguito per bis, due brani del compositore turco, allievo di Bartok, Saygun : lo Studio n° 1, e Ruya (sogno).

GIOVANNI LA BARBE


AL GOLDEN - UN GIOCO AMBIGUO PER SCHUMANN (GIORNALE DI SICILIA)

SCHUMANN: Piano Concerto

BRUCKNER: Sinfonia no. 9

Palermo - Schumann e Bruckenr hanno scandito i due tempi del concerto dell'Orchestra Sinfonica Siciliana, venerdì sera al Golden, diretto da Meir Minsky con la partecipazione solistica di Huseyn Sermet. (...)

Alla grande Nona di Bruckner, nella seconda parte, Minsky ha dedicato solerti cure e ne è sortita una ben costruita tensione esecutiva, che traspariva come celata da un espressivo velo cinereo nel primo tempo e serrata con densità nello splendido Scherzo, nella contrapposizione tra martellante intensità ritmica e ingenua gaiezza. Ad emergere nell'Adagio erano poi sommesse estenuazioni e accennati presagi di un'inesplorata profondità, risolti nell'ovattato ripiegamento della conclusione.

SARA PATERA


BRAHMS A TUTTA PASSIONE

(IL GIORNALE DI SICILIA)

BEETHOVEN: Piano Concerto no. 3

BRAHMS: Sinfonia no. 1

Palermo - Il mondo sonoro di Johannes Brahms è anche in quell'inconfondibile e fascinoso abbandonarsi all'ondeggiare della musica delle passioni. Anche nella Sinfonia in do minore, op. 64, la prima della quattro, eppur frutto di un Brahms, per tanti versi, già maturo (e non è un caso che i quindici anni di gestazione dell'opera furono quelli, per esempio, del Requiem tedesco e del Primo concerto per pianoforte e orchestra).

E allora Meir Minsky sul podio dell'orchestra Sinfonica Siciliana questo Brahms lo ha voluto pregno, intenso, pronto a gonfiarsi di un lirismo appassionato, anche serrato in certe dinamiche dell'Allegro iniziale, trascinante ed emozionato nell'Andante sostenuto. E anche voluttuoso in certi incontrollabili slanci del canto. È giusto fare così : tendere il canto fino a tirare la corda al massimo, quasi a gridarlo fino all'esasperazione. Operazione complessa e rischiosa, solo apparentemente semplice e di ovvia attuazione. Si può gridare ma senza sguaiataggine. Come ha fatto Minsky con passione, con dolcezza, con malinconia o con nobile tensione; mai con volgarità. Ha cantato un Brahms pacato e nobile, ha dato respiro alle note e il giusto colore al tanto discusso finale. Un Brahms pensato cui l'Orchestra ha risposto con convinzione e sicurezza. (...)

FRANCESCO GIAMBRONE


MEIR MINSKY E JEREMY MENUHIN AL GOLDEN PER L'EAOSS

BEETHOVEN: Piano Concerto no. 3

BRAHMS: Sinfonia no. 1

Pagina sottilmente ambigua, oscillante tra una trascorsa classicità et un intravisto romanticismo, il terzo Concerto per pianoforte e orchestra, in do minore di Beethoven, rappresenta un affascinante momento di passaggio nell'evoluzione della poetica del compositore, che qui appare quasi miracolosamente sospeso tra l'ammirato ricordo dei sublimi modelli mozartiani e l'impulso verso contrapposizioni dialettiche che urgono nel suo spirito e nella sua fantasia creativa. Serpeggia sotterranea, in questo Concerto, una tensione espressiva non ancora pienamente consapevole, una sorta di oscura premonizione di nuovi orizzonti artistici, istintivamente percepiti più che razionalmente definiti. (...)

Libero di seguire in piena autonomia la sua concezione interpretativa, Minsky forniva una magnifica prova del suo talento nella seconda parte, con la prima Sinfonia in do minore di Brahms, della quale dava una lettura generosamente appassionata ma sempre nei limiti del lecito. Vigorosamente drammatico, infuocato nelle dinamiche ed incisivo nel fraseggio il movimento iniziale; liricamente intenso l'Andante sostenuto; motto e rusticamente colorito l'Allegretto; vibrante e colmo di pathos, pur se sempre controllatissimo, il finale.

Successo netto e molti applausi dal non troppo numeroso pubblico.

FABRIZIO CARLI


MEIR MINSKY - CONCERTO GROSSO E SUONI D'OGGI (CORRIERE DELLA SERA)

MENDELSSOHN: "Le Ebridi"

SCHNITTKE: Concerto Grosso no. 1

BRAHMS: "Danze Ungheresi" (arranged-Filippo del Corno)

Senza un direttore principale che sostenga il tono e la fiducia in crescita dell'orchestra, passano di mano in mano i musicisti de "I Pomeriggi musicali" e l'attenzione premurosa a volontà e forme diverse, o sperimentali, è diventata il segno prevalente di un'orchestra disponibile a tutto, e che tende a perdere identità di suono.

Sabato scorso, al Conservatorio, li guidava Meir Minsky (45 anni, polacco con studi in Israele) direttore comunicativo, di ponderata brillantezza. Più che alla Ouverture "Le Ebridi" di Mendelssohn, drammatizzata per contrasti, l'attenzione è andata alla prima esecuzione a Milano del Concerto Grosso n°1 del russo Alfred Schnittke, scritto nel 1979 per Gidon Kremer.

Minsky li ha convinti al rispetto, anzi, al gusto di ricostruire la struttura del "Concerto Grosso" barocco ricomponendo forme di allora con materiali e tecniche di suono fino agli anni settanta : dal pianoforte "preparato" e aspro che lascia posto al clavicembalo, agli archi amplificati a canne d'organo dell'inizio della Toccata al tango che innerva e ondula il rondò.

È barocca l'attenzione alla prodezza sbalorditiva che eccita il virtuosismo dei violinisti Cristiano Rossi e Roberto Baraldi : ritrovare recitativi e cadenze col DNA ribollente di un suono irto, nervoso a strappi; si innescano alterazioni cromatiche faticosamente dissonanti in un instabile precipitato a molte voci, si sgomitano pizzicati a ritmo di tango, si stringono brandelli di Ciaikovskij fino a quando la struttura si chiude, e il canto si raggela acuto.

A piene mani, sul folto pubblico che festeggiava in musica il Carnevale, undici delle ventuno "Danze ungheresi" di Brahms, nate per pianoforte a quattro mani, conquistate alla sfrenatezza timbrica di grandi orchestre, e qui rabbonite in versioni per orchestra da camera, a cura di Filippo del Corno, disciplinate in controllo di suono e ricalcolo di impasti, e finalmente sfrenate nel bis.

FRANCA CELLA


APPLAUSI A COMO - UN CONCERTO DI GRAN CLASSE (LA PROVINCIA)

MENDELSSOHN: "Le Ebridi"

SCHNITTKE: Concerto Grosso no. 1

BRAHMS: "Danze Ungheresi" (arranged-Filippo del Corno)

Como- Terzo appuntamento con la stagione di musica sinfonica e l'orchestra milanese dei "Pomeriggi Musicali", quello che si è svolto venerdì sera in teatro Sociale : un appuntamento che aveva come centro dichiarato l'esecuzione - nuova per la nostra regione - del Concerto Grosso n° 1 composto dal quotato Alfred Schnittke, contornato dalle mendelssohniane pagine de "Le Ebridi" op. 26 e da una "suite" di danze ungheresi di Brahms nella versione orchestrata da Filippo del Corno.

Effettivamente, il Concerto Grosso per due violini, clavicembalo, pianoforte preparato dal naturalizzato russo Schnittke colpisce l'ascoltatore : atmosfere rarefatte, nervosismi, dissonanze e parossismi del linguaggio contemporaneo compaiono frammisti a strutture formali e dialogiche, citazioni tonali, interventi espressivi del mondo musicale più eterogeneo. Le contaminazioni tra i vari linguaggi sortiscono l'effetto migliore a livello di tensione emotiva, soprattutto nel voler tendere all'estremo, da parte di Schnittke, l'intensità drammatica, il gusto per l'alienazione. Anche se, in taluni punti ciò sconfina nel banale, così come gli interventi di citazione, talvolta grotteschi e satirici, finiscono per sembrare un po' grossolani.

Dal punto di vista strumentale la composizione è comunque altamente impegnativa per gli esecutori e ha trovato una coppia di solisti preparatissimi e in simbiosi : l'esperto Cristiano Rossi ha trascinato con sé il valido giovane Roberto Baraldi.

Un plauso va anche all'orchestra dei Pomeriggi, che il direttore Meir Minsky ha concertato in modo personale e curato: le "Ebridi" di Mendelssohn sono rinate con delicatezza e calibrato ardore, le "Danze ungheresi" brahmsiane profuse di notevole verve. E il pubblico ? Il pubblico comasco rimane quello che è. Un mistero. Presente, ma mai numeroso. Incomprensibile, a fronte delle proposte fatte.

STAGANO LAMON


DALLA RUSSIA A TRENTO IL VIOLINO DI KAGAN CON ASSOLUTA SICUREZZA

(ALTO ADIGE)

BEETHOVEN: "Egmont" Overture

BEETHOVEN: Sinfonia no. 8

CIAIOKOVSKY: Concerto per Violino

Dopo i recital solistici di Vladimir Spivakov e Sergei Stadler, ospiti della stagione cameristica promossa dalla Società Filarmonica, la primavera musicale trentina proponeva un nuovo confronto con la grande scuola violinistica russa, complice questa volta il cartellone sinfonico dell'orchestra Haydn. (...)

Dunque dialogo oltreché monologo tra i due poli strumentali, come nella delicata conversazione con flauto e clarinetto del secondo movimento. In questa sua lettura, Kagan trovava per altro una puntuale collaborazione dal podio attraverso la bacchetta dell'israeliano (naturalizzato americano) Meir Minsky, con cui il pubblico già famigliarizzava nella prima parte del programma, interamente beethoveniana.

Direttore "dionisiaco", generosissimo nel gesto tanto da coinvolgere l'intero corpo in magniloquenti evoluzioni, Minsky rivelava immediatamente un temperamento passionale, bilanciato però da un gusto raffinato per il particolare, per l'originale sottolineatura strumentale o coloristica.

ANNELY ZENI


AL PALASPORT CARNERA DI UDINE IL QUARTO APPUNTAMENTO DELLA STAGIONE SINFONICA D'AUTUNNO

COLORI PREZIOSI NELLA "NOTTE" - PAGINE DI CHOPIN, SZYMANOWSKY E DVORAK CON L'ORCHESTRA E IL CORO DEL VERDI

(IL MESSAGGERO)

CHOPIN: Piano Concerto no. 1

SZYMANOWSKY: Sinfonia No. 3 (Canto della Notte)

DVORAK: "Carneval", Ouverture

Udine - La stagione sinfonica di autunno, promossa dal Comune, servizio attività culturali, in collaborazione con l'Ente autonomo Teatro Comunale Giuseppe Verdi di Trieste, giunta la suo quarto appuntamento, ha offerto, sabato sera, al suo pubblico, come sempre numeroso, nel Palasport Carnera, una serata di grande fascino, spaziante dall'Otto al Novecento e comprendente pagine di Chopin, Szymanowsky e Dvorák.

Protagonista è stata l'orchestra del Verdi, condotta con garbo e misura dal maestro Meir Minsky, un musicista di grande talento, nato a Lodz, in Polonia e formatosi in Israele all'Accademia di musica Rubin, di Gerusalemme. All?assieme sinfonico si è unito, in Szymanowsky, anche il coro dell'ente, egregiamente istruito da Ine Meisters. In apertura è stato eseguito il Concerto n° 1 di Fryderyk Chopin, capolavoro caratterizzato dal virtuosismo brillante e appassionato dello strumento solista, che domina sul "tutti", relegando l'orchestra in un ruolo subordinato, ma non per questo meno importante, nella sua funzione di supporto, essenziale nel preparare, sottolineare ed enfatizzare il lirismo solismo, quasi a dar forma a un'idea interlocutoria, di matrice pianistica.

Benedetto Lupo, barese, impostosi in numerosi concorsi internazionali e concertista attivissimo, ha dato prova del suo talento naturale e della sua preparazione impeccabile in questa pagina segnalandosi, al pianoforte, per una tecnica sempre scorrevole e puntale e per un lirismo elegiaco e sognante nella splendida Romanza, il secondo movimento della composizione. Applauditissimo, Lupo ha concesso ben due bis con un tanto accattivante quanto impegnativo Studio di Rachmaninov e con un Tango, rivisitato in chiave dotta.

Si è poi apprezzata la Sinfonia n° 3, per soprano coro e orchestra, Canto della Notte opera 27 di Karol Szymanowsky, trascinante nella varietà e nella suggestione di colori vari e preziosi e di armonie raffinate il cui testo letterario è tratto dal "Secondo divano" di Jalal ad Din, un grande lirico del medioevo persiano, meglio conosciuto come Mevlana. Nel ruolo solistico, si è distinto, per doti vocali, tecniche ed espressive, il soprano Anna Rita Taliento, e il coro ha sempre fornito un'ottima prova. L'insieme, ben coordinato da Meir Minsky, ha ricreato, nei ritmi e nelle dinamiche, atmosfere evocative del primo Novecento all'incontro fra impressionismo e decadentismo.

In chiusura, l'orchestra ha proposto, con rara efficacia, il "Carneval op. 92, Ouverture" di Antonin Dvorák, pagina di effetto, dalle sonorità smaglianti e marziali, dove a una vena elegiaca e sognante si sposa un carattere fiero e popolare. Affiatato e impegnato nel rendere il pezzo, nelle sue mestiche rare e suadenti, l'ensemble e stato calorosamente applaudito al termine.

RENATO DELLA TORRE


ESITO STRAORDINARIO PER I TRE CONCERTI PROGRAMMATI A TRIESTE LO SCORSO FINE SETTIMANA - GRANDE WEEK-END DI MUSICA

(LA CRONACA)

Sala Tripcovich, ottime esecuzioni di Szymanowsky, Chopin e Dvorák

MEIR MINSKY, UN TRASCINATORE. ORCHESTRA E CORO SONO CON LUI.

CHOPIN: Piano Concerto no. 1

SZYMANOWSKY: Sinfonia No. 3 (Canto della Notte)

DVORAK: "Carneval", Ouverture


Nuova grande prova dell'Orchestra e del Coro del Teatro Verdi in occasione del quarto appuntamento della Stagione sinfonica d'autunno, domenica pomeriggio (il concerto di venerdì era saltato a causa dello sciopero generale) alla Sala Tripcovich.

Una prima esecuzione per l'Ente, vale a dire la Sinfonia n° 3 "Canto della notte" per soprano, coro e orchestra, op. 37 di Karol Szymanowsky, è stata per l'Orchestra e il Coro del Comunale, un autentico banco di prova, per la complessità concettuale dell'imponente lavoro sinfonico che coniugava l?esoterismo mistico del testo, tratto da uno scrittore del Medioevo persiano, al gigantismo orchestrale sospeso tra impressionismo, coscienza nazionale ed enfasi espressiva.

L'esecuzione poggiava pure su una direzione massiccia ed incisiva, nonostante una gestualità a tratti svolazzante, che il direttore di origine polacca, Meir Minsky ha impiegato con notevole brillantezza d'effetto. La voce solista, il soprano Anna Rita Taliento (sappiamo che esiste però anche una versione dell'autore polacco per voce di tenore), cantante di grande intensità drammatica e dalla vocalità limpida e raffinata, è stata eccellente nel ruolo solista, integrandosi perfettamente con il timbro generale dell'orchestra e l'insostituibile presenza del coro preparato egregiamente da Ine Meisters.

Più tradizionale e frequente nella programmazione degli enti sinfonici, era il Concerto in mi minore n° 1 per pianoforte e orchestra di Fryderyk Chopin. Protagonista, in questo caso, era il pianista pugliese Benedetto Lupo, dal tocco preziosissimo e dalla tecnica da gran virtuoso. L'orchestra, come noto per quanto riguarda i due concerti chopiniani, assolve un ruolo secondario, anche se il gesto imperioso di Minsky contribuiva spesso ad affrancarla da una condizione di subordine.

Il senso classico della misura, l'assenza di retorica, così insopportabile se ostentata soprattutto nel repertorio romantico, una lettura luminosa e aristocratica, insomma, sono i dati più rilevanti all'ascolto dell'interpretazione solistica del pianista pugliese.

Applausi intensissimi e "offerta musicale" di due bis, volti non a meravigliare né ad eccitare ma a meditare, conquistati dall'aspetto apollineo, uscito vincitore dal conflitto dionisiaco, vero e proprio spirito originario dalla musica : due brani del Rachmaninov intimista.

Un finale effettistico, ma apprezzato e gradevole, brano effervescente, come si usa dire, più a mettere in luce le capacità direttoriali che il valore di un'orchestra, era "Karnival" ouverture op. 92 di Antonin Dvorák. Ancora una volta l'orchestra del Teatro ha risposto molto bene alla direzione rutilante di Meir Minsky, destando d'un tratto l'uditorio dall'atmosfera di rarefazione ed estraniamento che la sinfonia di Szymanowsky aveva prodotto